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Il petrolio è una tra le principali fonti energetiche oltre che un elemento chiave in moltissimi processi produttivi e ingegneristici: si tratta di una delle nostre risorse naturali più importanti ed è alla base dell’economia globale.
Questa materia prima viene raffinata per produrre benzina, carburante per aerei e molti altri prodotti. Le variazioni di prezzo nel mercato globale del greggio sono seguite attentamente dagli investitori di tutto il mondo.
Essendo un combustibile fossile, ad ogni modo, negli ultimi anni il petrolio è stato oggetto di polemiche sempre più accese, anche a fronte dell’impegno di gran parte del mondo sviluppato a raggiungere l’obiettivo Carbon Neutrality entro il 2050.
Ciononostante, sono diverse le società petrolifere che continuano a rappresentare una parte consistente degli indici del mercato azionario mondiale.
Investire nel petrolio oggi conviene? Di seguito spieghiamo come fare trading e investire sul petrolio, vantaggi e svantaggi, e le opportunità che il settore petrolifero può offrire agli investitori retail.
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Cos’è il petrolio greggio?
Il petrolio greggio (o crude oil) è una forma non raffinata di petrolio. È un combustibile fossile non rinnovabile, ragion per cui la sua fornitura totale è limitata e non può essere sostituita una volta esaurita.
Si trova sotto la superficie terrestre e quasi la metà della sua produzione avviene negli Stati Uniti, in Arabia Saudita e in Russia. Storicamente, il greggio è stato estratto principalmente perforando serbatoi sotterranei o subacquei, ma il fracking, che prevede l’iniezione di liquidi ad alta pressione nei serbatoi, è una tecnica più recente.
Una volta estratto, il petrolio greggio viene raffinato e trasformato in una varietà di prodotti, tra cui benzina, diesel, carburante per aerei, olio combustibile, cherosene, asfalto e lubrificanti. Questi prodotti finali vengono poi acquistati da consumatori, aziende e governi di tutto il mondo per il trasporto di persone e merci e per il riscaldamento di abitazioni ed edifici, tra molti altri usi.
Il prezzo del petrolio
Come avviene per altre materie prime, il prezzo del petrolio greggio è determinato dall’equilibrio tra offerta e domanda dei suoi prodotti raffinati.
Per il petrolio, il principale fattore che influisce sui prezzi sono le scorte, o meglio la percezione delle scorte, afferma Peter McNally, responsabile del settore industriale, dei materiali e dell’energia di Third Bridge Group Limited. “Quando le scorte diminuiscono, i prezzi salgono”.
Detto ciò, anche le fluttuazioni della domanda possono causare oscillazioni dei prezzi del petrolio. Per esempio, il forte calo della domanda di prodotti petroliferi in seguito alle chiusure all’inizio della pandemia di Covid-19 ha avuto ripercussioni anche sui prezzi del petrolio, causando addirittura un breve calo del prezzo dei contratti futures sul petrolio per la prima volta nella storia.
Il mercato dei futures è il principale mercato di scambio del petrolio greggio e un contratto futures rappresenta 1.000 barili. Come per altre materie prime che vengono scambiate sul mercato dei futures, esistono contratti per mesi diversi che stabiliscono la consegna. Il prezzo del petrolio si riferisce al prezzo di un barile e al contratto future più attivo, che è il mese più vicino per la consegna.
Esistono due mercati a termine principali per il petrolio greggio: il West Texas Intermediate (WTI), che è il benchmark per il mercato nordamericano, e il Brent, che è il benchmark per il resto del mondo. Sebbene i due mercati si muovano generalmente insieme, i prezzi variano spesso in base a fattori geografici.
Cosa influisce sulla domanda e sull’offerta di petrolio?
Il fabbisogno di petrolio tende a diminuire durante i periodi di recessione, quando la domanda si riduce. Anche la transizione globale verso l’energia pulita ridurrà in futuro la domanda di combustibili fossili.
Per quanto riguarda l’offerta, il fattore più influente è il ruolo dell’Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio (OPEC), che stabilisce i livelli di produzione per i suoi membri. L’OPEC è stata fondata a Baghdad, Iraq, con la firma di un accordo nel settembre 1960. Oggi l’OPEC è composta da 12 paesi membri:
- Algeria
- Arabia Saudita
- Congo
- Emirati Arabi Uniti
- Gabon
- Guinea Equatoriale
- Iran
- Iraq
- Kuwait
- Libia
- Nigeria
- Venezuela
I paesi non appartenenti all’OPEC che esportano petrolio greggio fanno parte di un gruppo di nazioni noto come “OPEC+” e comprendono: Azerbaijan, Bahrain, Brunei, Kazakistan, Malesia, Messico, Oman, Russia, Sudan del Sud e Sudan.
Tra gli altri fattori che incidono sulla fornitura di petrolio rientrano anche fenomeni come le condizioni meteorologiche estreme. Un’ondata di freddo, ad esempio, genererà un aumento del consumo di combustibili per il riscaldamento.
Anche gli eventi geopolitici influiscono sul prezzo del petrolio e sulla sua distribuzione nelle reti di approvvigionamento. La guerra in Ucraina, ad esempio, ha avuto ripercussioni sui paesi dell’Europa occidentale, oltre che sui loro rapporti con la Russia e le sue esportazioni di petrolio. Alena Kosava, a capo della ricerca in materia di investimenti della piattaforma AJ Bell, ha dichiarato: “La guerra in Ucraina ha sollevato un intenso dibattito sulla sicurezza energetica, tanto che i governi occidentali hanno stanziato risorse a favore delle energie rinnovabili in modo da accelerare la transizione dai combustibili fossili verso fonti energetiche più sostenibili”.
Di recente, le azioni petrolifere hanno registrato una forte ripresa con l’intensificarsi del conflitto israelo-palestinese in Libano e l’aumento delle tensioni tra Iran e Israele, spingendo i prezzi del petrolio statunitense oltre i 72 dollari al barile, il livello più alto raggiunto da agosto.
I titoli del settore energetico hanno guidato il rialzo dell’S&P 500. Chevron ha superato l’indice Dow Jones Industrial Average nel pre-market, e titoli come ExxonMobil (XOM), ConocoPhillips (COP) e Occidental Petroleum (OXY) hanno registrato performance positive.
L’aumento dei prezzi del petrolio è stato alimentato dalla crescente probabilità di uno scontro diretto tra Iran e Israele. I mercati temono che Israele possa decidere di colpire la produzione, il trasporto o le infrastrutture di esportazione del petrolio iraniano, compromettendo la principale fonte di entrate del paese. Inoltre, c’è il timore che gli Stati Uniti possano imporre nuove sanzioni sull’Iran, riducendo o bloccando del tutto le sue esportazioni di greggio.
La volatilità dei prezzi del petrolio potrebbe aumentare ulteriormente con l’evolversi del conflitto.
Il 9 ottobre, dopo le voci su un possibile cessate il fuoco tra Hezbollah e Israele, i prezzi del petrolio sono scesi di oltre il 4%. Tuttavia, i timori di un potenziale attacco alle infrastrutture petrolifere iraniane hanno continuato a fornire un certo supporto ai prezzi.
Come viene deciso il prezzo del petrolio?
Sul mercato del petrolio influiscono principalmente due indicatori di riferimento: il Brent, proveniente dalle regioni del Mare del Nord, e lo statunitense West Texas Intermediate. Stando ai dati dell’ICE, la piattaforma telematica di trading, il benchmark Brent è utilizzato per determinare il prezzo di tre quarti del greggio mondiale scambiato.
Il grafico che segue mostra come è cambiato il prezzo medio del greggio Brent (misurato in dollari al barile) dal 1976 al 2024. Nel 2002, il prezzo era di circa 25 dollari (o euro). Nell’estate di quest’anno, nonostante i vari cali – in particolare la crisi finanziaria globale del 2008 e la pandemia del 2020 – il prezzo ha raggiunto un picco di 124 dollari (o euro).
Prezzo medio del greggio in USD al barile
Fonte: Statista
Nelle parole di Alena Kosava di AJ Bell: “Il mercato petrolifero ha vissuto un’incredibile inversione di tendenza dopo la pandemia, causata da una congiuntura straordinaria: prima le sfide legate alla domanda di petrolio, poi quelle riguardanti l’offerta e, ancora, lo scoppio della guerra in Ucraina”.
Come fare trading sul petrolio?
I contratti futures sono il modo più diretto per fare trading sul petrolio, ma non sono pratici e adatti per la maggior parte degli investitori.
Come per tutti i derivati – strumenti finanziari il cui valore dipende da titoli e attività sottostanti – i broker richiedono ai trader di futures di pagare un “margine” iniziale, cioè una certa percentuale del valore dell’operazione.
Inoltre, i trader che non chiudono la loro posizione in un contratto futures devono essere pronti a ricevere fisicamente i barili, operazione non solo estremamente impraticabile per la maggior parte delle persone, ma non consentita da alcuni intermediari.
“Fare trading sul petrolio può essere rischioso a causa della volatilità dei prezzi”, dice Alec Quaid, pianificatore finanziario certificato presso American Portfolios. “Non solo bisogna comprendere i fondamentali, ma è necessario avere competenze nell’analisi tecnica”.
“Per fortuna, esistono modi più semplici per ottenere esposizione al mercato energetico”, continua Quaid, che consiglia due strategie:
- Comprare azioni di aziende legate al petrolio
- Investire in ETF che seguono l’andamento dell’industria petrolifera
Investire in aziende che traggono vantaggio dalle variazioni dei prezzi del petrolio rappresenta il modo più facile e sicuro per la maggior parte delle persone. Molte di queste, inoltre, pagano dividendi agli investitori.
Leggi anche: Come investire in ETF Crude Oil
Perché investire nel petrolio?
Nonostante la crescente opposizione, la domanda di combustibili fossili come il petrolio rimane elevata, in parte perché spesso sono più economici di altre fonti di energia, riscaldamento e trasporto.
Rispetto alle fonti di combustibile innovative prive di carbonio – tra cui le fonti rinnovabili come l’energia solare, quella eolica e le biomasse – i combustibili fossili sono un vettore di energia ormai consolidato, il cui settore dispone di molte infrastrutture necessarie per il suo funzionamento.
Tuttavia, il prezzo del petrolio è volatile e influenzato da complessi meccanismi dal punto di vista della domanda e dell’offerta. Le compagnie petrolifere, inoltre, si muovono in direzione opposta agli investitori che utilizzano lo screening ambientale, sociale e di governance (ESG).
Quando la domanda è più elevata, le società petrolifere possono ottenere significativi guadagni dall’apprezzamento delle loro azioni. Queste compagnie sono inoltre note tra gli investitori perché offrono ottime opportunità di realizzare redditi da dividendi.
Nell’ultimo anno, le compagnie petrolifere hanno premiato i propri investitori con remunerazioni eccezionali a seguito della fine della pandemia di Covid, che ha costretto gran parte delle società a trattenere quanto più possibile i fondi disponibili a fronte di condizioni economiche senza precedenti.
Esporsi al settore petrolifero, o investire nell’energia in generale, può contribuire a proteggersi dall’inflazione e a diversificare efficacemente un portafoglio d’investimento.
Le compagnie petrolifere hanno un’incidenza notevole in alcuni dei principali indici del mercato azionario mondiale come l’S&P 500 negli Stati Uniti o il FTSE 100 nel Regno Unito.
Anche investendo in fondi indicizzati o in ETF che seguono uno di questi o altri indici azionari, è possibile esporsi alle più grandi compagnie petrolifere quotate in borsa.
Investire in borsa nel petrolio
Darius McDermott, amministratore delegato di Chelsea Financial Services, spiega che gli investitori retail possono investire in borsa nel petrolio in vari modi. “Possono selezionare e acquistare azioni di singole società, investire in indici azionari passivi sull’energia o in fondi negoziati in borsa, oppure in fondi azionari specializzati nel settore energetico a livello globale”.
Secondo Kosava, i titoli del settore petrolifero hanno registrato un’inversione di tendenza rispetto a qualche anno fa. “Tendenzialmente sono classificate come società value, in quanto storicamente sono state poco valutate nel contesto dell’ultimo decennio, caratterizzato da un calo dei tassi d’interesse.
Nonostante alcune difficoltà, soprattutto a partire dalla crisi finanziaria globale, le società petrolifere stanno prosperando nell’attuale contesto e, grazie alla ripresa sostanziale del prezzo del petrolio, producono elevati flussi di cassa e dividendi”.
Compagnie petrolifere
Quando parliamo di investimenti nel settore petrolifero, un ovvio punto di partenza è rappresentato dalle cosiddette “major del petrolio”, un gruppo di sei società che controllano la maggior parte delle petroliere a livello mondiale: BP, Shell, ExxonMobil, Chevron, TotalEnergies e ConocoPhillips.
Emma Wall, responsabile dell’analisi e della ricerca sugli investimenti presso Hargreaves Lansdown, sostiene: “Gli investimenti a lungo termine più interessanti in questo settore sono quelli nelle società che stanno diversificando i propri flussi di reddito e che cercano di sostenere, e anzi di trarre profitto, dalla transizione verso la riduzione delle emissioni di carbonio”.
Al di fuori del Medio Oriente, i maggiori produttori globali di petrolio (per capitalizzazione di mercato) sono ExxonMobil e Chevron negli Stati Uniti, ma anche BP e Shell rientrano nella top 10. La tabella seguente fornisce una panoramica dei rendimenti per gli azionisti negli ultimi cinque anni.
Le società petrolifere possono risultare interessanti anche per chi è alla ricerca di fonti di reddito: quelle sopra citate hanno infatti un rendimento da dividendo (ovvero il dividendo rapportato al prezzo dell’azione) compreso tra il 4,4% e il 6,5%.
Fondi sul petrolio
Gli investitori interessati a esporsi indirettamente al petrolio tramite fondi hanno due opzioni principali.
- Fondi passivi: i fondi indicizzati e i fondi negoziati in borsa (gli Exchange Traded Funds, ETF). Entrambi sono metodi automatizzati e relativamente economici per investire nel petrolio. Gli ETF seguono le azioni delle società petrolifere sulla base di un determinato benchmark (ad esempio un indice sul petrolio).
- Fondi attivi: a differenza dei fondi passivi, i fondi attivi sono costituiti da società selezionate dal gestore del fondo con l’obiettivo di sovraperformare un determinato benchmark.
La tabella che segue mostra i migliori ETF sul petrolio, ordinati per dimensioni del fondo, e i loro rendimenti a un anno e tre anni. Due degli ETF presenti in classifica abbiamo anche un rendimento da dividendi.
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Investire in borsa nel petrolio: gli svantaggi
La volatilità è il principale svantaggio connesso agli investimenti in borsa nel petrolio. I profitti sono dettati dalla domanda e dall’offerta e, sebbene sia relativamente facile valutare alcune dinamiche, le fluttuazioni stagionali, la presenza di nuove fonti e l’insorgere di eventi straordinari possono stravolgere le previsioni.
Il petrolio, inoltre, dipende in larga misura dallo stato dell’economia globale e tradizionalmente si è rivelato una copertura insufficiente contro le fasi di ribasso rispetto, ad esempio, a una materia prima come l’oro.
L’investimento in combustibili fossili può anche presentare problemi di natura etica e, con il passaggio a combustibili più ecologici, è probabile che nei prossimi decenni diventi un’attività più marginale – considerazione importante per gli investimenti a lungo termine.
Alena Kosava di AJ Bell afferma: “Nel lungo periodo, l’elettrificazione dell’economia e le energie rinnovabili giocheranno senza dubbio un ruolo molto più importante, ma attualmente petrolio e gas alimentano le economie mondiali e non abbiamo abbastanza scorte di entrambi. C’è una crisi energetica in atto e, purtroppo, non può essere risolta con l’aiuto delle rinnovabili nel breve e persino nel medio termine, perché ci vorranno diversi anni di investimenti per correggere il problema”.
L’impennata dei prezzi dell’energia e la distribuzione di dividendi significativi da parte delle compagnie petrolifere potrebbero indurre gli investitori ad aumentare la loro esposizione al petrolio. Chi volesse avvicinarsi al settore petrolifero dovrebbe però considerare la natura altamente rischiosa di questo tipo di investimenti, soprattutto alla luce dell’attuale clima di incertezza geopolitica e della volatilità dei prezzi prevista per il prossimo anno.
Domande frequenti
Come si chiama il petrolio in borsa?
Il petrolio in borsa viene comunemente indicato come petrolio grezzo, ovvero non ancora raffinato (in inglese crude oil). I più conosciuti sono il Crude Oil WTI (West Texas Intermediate) e il Brent Crude Oil (BRN).
Come investire in petrolio?
Il petrolio è una materia prima (o commodity) che nel mercato finanziario viene negoziata attraverso contratti future, ovvero contratti che consentono al produttore e all’acquirente di concordare un prezzo e dei termini per la consegna della merce in una data futura stabilita.
Sui due mercati principali per lo scambio di petrolio – il NYMEX di New York e l’Intercontinental Exchange di Atlanta – sono quotati contratti per petrolio di qualità WTI (West Texas Intermediate) e Brent Blend, per consegna immediata (contratti spot) o futures.
Cosa vuol dire Brent e WTI?
Brent e WTI sono i tipi di petrolio più scambiati in borsa. Il petrolio Brent è quello utilizzato per la produzione di gasolio e benzina, mentre il petrolio WTI (West Texas Intermediate) è usato per la raffinazione della benzina.
Come va il petrolio in borsa?
Nell’ultimo anno le compagnie petrolifere hanno offerto remunerazioni eccezionali, specialmente se confrontate con i dividendi staccati durante le fasi più acute della pandemia di Covid, che ha costretto gran parte degli operatori del mercato a trattenere quanto più possibile i fondi disponibili.
Nell’attuale contesto il petrolio e le compagnie del settore petrolifero stanno vivendo una fase di ripresa caratterizzata da un’impennata del prezzo di questa materia prima e delle azioni delle società che la commerciano, raffinano e distribuiscono – un fattore che ha permesso agli investitori di ottenere dividendi particolarmente interessanti.
Qual è il prezzo del petrolio oggi?
Alla data in cui scriviamo (10 ottobre 2024) il prezzo del petrolio WTI si aggira intorno ai 74$, mentre il prezzo del petrolio Brent si avvicina ai 78$ al barile.